EPICURO E LA FORMA NUOVA

"Quand'ero giovane e libero e la mia fantasia non aveva limiti, sognavo di cambiare il mondo.
Diventato più vecchio e più saggio, scoprii che il mondo non sarebbe cambiato, per cui limitai un po' lo sguardo e decisi di cambiare soltanto il mio Paese.
Ma anche questo sembrava immutabile.
Arrivando al crepuscolo della mia vita, in un ultimo tentativo disperato, mi proposi di cambiare soltanto la mia famiglia, le persone più vicine a me, ma ahimé non vollero saperne.
E ora mentre giaccio sul letto di morte, all'improvviso ho capito: se solo avessi cambiato prima me stesso, con l'esempio avrei poi cambiato la mia famiglia.
Con la loro ispirazione e il loro incoraggiamento, sarei stato in grado di migliorare il mio Paese e, chissà, avrei anche potuto cambiare il mondo. "

(Anonimo)

mercoledì 30 dicembre 2009

Apollo e Dafne

MURER, Christoph
Apollo and Daphne
c. 1580
Crocker Art Museum, Sacramento


Fra tutte le ninfe del monte Ossa, ove A pollo conduceva il più delle volte a pascere le sue pecore, la più bella ed amabile era Dafne, figlia del fiume Peneo , le cui acque rendevano fertili le belle campagne della Tessaglia. Apollo l'aveva spesso incontrata nelle praterie, ove guidava ella pure una bella mandria di pecore più bianche della neve. Egli ben avrebbe voluto entrare in dialogo con lei, mentre i loro agnelli pascevano tranquillamente sotto la guardia de' fedeli lor cani ; ma Dafne sapeva che una fanciulla bene educata non deve conversare con un giovine da lei non conosciuto. In oltre, ell'era, per quanto credo, una delle ninfe di Diana, e quella Dea le aveva fatto promettere di non pigliar mai marito. Onde, ella evitò per lungo tempo d'incontrarsi con Apollo, e come appena udiva alla lontana il suono del suo (lauto, si nascondeva ne' più folti boschetti, ove ben sapeva che quel pastore non avrebbe osato di andare a trovarla.

Un giorno però, avendola il nume incontrata nel viale di un bosco, cominciò a parlarle con voce si tenera, dicendole mille cose più graziose le une delle altre, che Dafne si senti la voglia di fermarsi un momento per ascoltarlo: ma rammentandosi tosto che ciò le era proibito, si diede a correre con tutte le sue forze, per fuggire quel giovili pastore, il linguaggio del quale l'allettava a suo mal grado ; poiché Apollo, prima del suo esilio, era tenuto pel più spiritoso degli Dei dell'Olimpo.

Quella volta il Dio intraprese di seguirla, e benché Dafne fosse leggiera quasi al par delle cerve, che talvolta uccideva nelle caccie, alle quali andava con Diana, pure egli stava già per raggiungerla, allorchè la giovane ninfa, arrivando sulle sponde del Peneo, gridò con voce lamentosa, stendendo le braccia verso il fiume: « 0 padre mio, non verrai tu in soccorso della tua figlia » ?

Mentr' ella terminava queste parole sentì d'improvviso i suoi piedi piantarsi in terra, e le braccia, che teneva alzate, indurirsi, le dita le si allungarono in rami flessibili, guerniti di un bel fogliame, e tutto il corpo le si copri d' una leggiera corteccia. Dafne era stata cangiata in alloro: ed Apollo non la raggiunse, se non per essere testimonio di quella trasformazione. Compreso di dolore, egli spiccò alcune foglie di quel bell'albero le quali son sempre verdi, e ne formò una corona, che si pose in capo. Da quel tempo, l'alloro gli fu consacrato, ed egli ordinò che d' allora in poi un'eguale corona avesse ad essere la ricompensa de' gran poeti e dei gran guerrieri.


Tratto da:

La mitologia

Di Lamé Fleury

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