EPICURO E LA FORMA NUOVA

"Quand'ero giovane e libero e la mia fantasia non aveva limiti, sognavo di cambiare il mondo.
Diventato più vecchio e più saggio, scoprii che il mondo non sarebbe cambiato, per cui limitai un po' lo sguardo e decisi di cambiare soltanto il mio Paese.
Ma anche questo sembrava immutabile.
Arrivando al crepuscolo della mia vita, in un ultimo tentativo disperato, mi proposi di cambiare soltanto la mia famiglia, le persone più vicine a me, ma ahimé non vollero saperne.
E ora mentre giaccio sul letto di morte, all'improvviso ho capito: se solo avessi cambiato prima me stesso, con l'esempio avrei poi cambiato la mia famiglia.
Con la loro ispirazione e il loro incoraggiamento, sarei stato in grado di migliorare il mio Paese e, chissà, avrei anche potuto cambiare il mondo. "

(Anonimo)

lunedì 29 dicembre 2008

153



17+1=18, 17+2=19, 17+3=20, 17+4=21, 17+5=22, 17+6= 23, 17+7= 24, 17+8= 25
Brava o bravi?

mercoledì 24 dicembre 2008

TANTI AUGURI

CON QUESTA BELLA IMMAGINE DELLA NATIVITA' DI GIOTTO NELLA CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI A PADOVA VI AUGURO UN BUON NATALE E UN FELICE ANNO NUOVO 2009

martedì 16 dicembre 2008

Superfice di Dio


Dio è per definizione in esteso, ma ci è permesso, per la chiarezza del nostro enunciato, attribuirgli un numero qualsiasi, più grande di zero, di dimensioni, benché non ne abbia alcuna, se queste dimensioni spariscono nei due membri delle nostre identità.

Ci accontenteremo di due dimensioni, affinché si rappresentino agevolmente figure di geometria piana su di un foglio di carta.

Simbolicamente Dio si significa tramite un triangolo, ma le tre Persone non devono esserne considerate né come vertici né come lati. Sono le tre altezze di un altro triangolo equilatero circoscritto al tradizionale.
Questa ipotesi è conforme alle rivelazioni di Anne-Catherine Emmerich, che vide la croce (che noi consideriamo come simbolo del Verbo di Dio) in forma d’Y, e la spiega solo per questa ragione fisica, che nessun braccio di lunghezza umana avrebbe potuto essere teso fino ai chiodi dei rami di un Tau.



Dunque, POSTULATO:
Fino a più ampie informazioni e per nostra comodità provvisoria, noi supponiamo Dio in un piano e nella figura simbolica di tre rette eguali, di lunghezza a, aventi origine da uno stesso punto e formando tra di loro angoli di 120 gradi. È dello spazio compreso tra esse, o del triangolo ottenuto congiungendo i tre punti più distanti di queste rette, che noi ci proponiamo di calcolare la superficie.

Sia x la mediana prolungamento di una delle persone a, 2y il lato del triangolo a cui la mediana è perpendicolare, N e P i prolungamenti della retta (a + y) nei due sensi all’infinito (~).

Abbiamo:
x = ~ - N - a - P
Ora
N = ~ - 0
e
P = 0
Da cui
x = ~ - (~ - 0 ) - a - 0 = ~ - ~ + 0 - a - 0
x = - a

D’altra parte, il triangolo rettangolo i cui lati sono a, x e y ci dà
a2 = x2 + y2

Ne deriva, sostituendo a x il suo valore (- a)
a2 = (- a) 2 + y2 = a2 + y2

Da cui
y2 = a2 - a2 = 0
e
y = v0

Dunque la superficie del triangolo equilatero che ha per bisettrice dei suoi angoli le tre rette a sarà
S = y (x + a) = v0 (- a + a)
S = 0 v0.

COROLLARIO. - A prima vista del radicale v0, noi possiamo affermare che la superficie calcolata è al più una linea; in secondo luogo, se noi costruiamo la figura secondo i valori ottenuti per x e y, noi constatiamo:

Che la retta 2y, che sappiamo essere adesso 2v0, ha il suo punto d’intersezione su una delle rette a in senso inverso alla nostra prima ipotesi, poiché x = - a; e che la base del nostro triangolo coincide con il suo vertice;
Che le due rette a fanno con la prima angoli più piccoli almeno di 60°, e anzi non possono incontrare 2v0 se non coincidendo con la prima retta a.


Ciò che è conforme al dogma dell’equivalenza delle tre Persone tra loro e alla loro somma.

Noi possiamo dire che a è una retta che congiunge 0 a ~, e definitivamente Dio:

DEFINIZIONE. – Dio è la più corta distanza da zero all’infinito.

In che senso? Si dirà.

- Noi risponderemo che il Son nome non è Jules, ma Più-e-Meno. E si deve dire: ± Dio è la più corta distanza da 0 a ~, in un senso o nell’altro.

Ciò che è conforme alla credenza nei due principi; ma è più esatto attribuire il segno + al principio della credenza del soggetto.

Ma Dio essendo in esteso non è una linea.
Notiamo in effetti che, dall’identità
~ - 0 - a + a + 0 = ~
la lunghezza a è nulla, a non è una linea, ma un punto.

Pertanto, definitivamente:

DIO È IL PUNTO TANGENTE DI ZERO E DELL’INFINITO.



Alfred Jarry
Gesta e Opinioni del Dottor Faustroll patafisico

giovedì 11 dicembre 2008

Labirinto 2????








“Stellante” grazie al "pensiero folgorante" scagliato da "Colei che fa assumere in cielo" diventa costellazione, la ricompensa per la donna è l’acquisizione del pensiero intuitivo
Grazie a questo l’essere può affrontare l’enigma uno degli strumenti è l’estasi raggiungibile anche con la danza della gru e la soluzione è la scoperta che il mondo è apparenza e che l'unica realtà è la sostanzialità di dio.

mercoledì 10 dicembre 2008

Capricorno







Amaltea, Ninfa bellissima, possedeva il dono dell'eterna giovinezza. In sembianze di capra, nutrì Giove con il suo ricco ed abbondante latte. Possedeva la Cornucopia, splendido corno che dispensava senza mai fine fiori e frutti.

Il nome Amaltea etimologicamente significa "la nutrice", il suo latte è la vita. La sua Cornucopia è simbolo di abbondanza e fertilità.

Continuità della vita, proprio il fatto che viene posto all’inizio dell’inverno rappresenta la sicurezza della continuità come indicazione della prossima primavera.



la morte della magia




la morte della magia

epifanio

S. Epifanio fu senza dubbio un vescovo modello nella cura del gregge affidategli. Quand'era ancora in vita godeva difatti fama di essere "un santo da miracoli". I ricchi gli affidavano volentieri i loro beni affinchè li distribuisse ai poveri. Quando compariva in pubblico, il popolo faceva ressa attorno a lui e cercava di strappare qualche filo delle sue vesti per conservarlo come reliquia.



Questo dottore della Chiesa nacque verso il 315 a Besanduc, non lontano da Eleuteropoli, presso Gaza (Giudea). Sua madre, rimasta vedova, lo allevò con la sorella facendo la tessitrice di lino finché un giudeo, di nome Tritone, straordinariamente ricco, si prese cura di lui e lo lasciò erede di tutti i suoi beni.
Fin dall'infanzia S. Epifanio poté darsi allo studio delle scienze sacre e di cinque lingue: il greco, l'ebraico, il siriaco, il copto ed anche il latino. La sua formazione spirituale subì prima l'influsso del grande solitario di gaza, S. Ilarione (+371), fondatore della vita monastica in Palestina, e poi quella dei monaci di Egitto durante la sua permanenza tra loro. Alcuni gnostici, coi quali venne in relazione, cercarono di attrarlo alle loro dottrine, per mezzo di donne aderenti alla setta, ma il ventenne asceta si sottrasse ai loro raggiri con la fuga.
Quando S. Epifanio fece ritorno in Palestina era oramai ben formato alla vita ascetica. Dopo che fu ordinato sacerdote, trasformò la sua casa in cenobio, nel quale trascorse circa 30 anni della sua vita, divisi tra la direzione dei suoi discepoli, la preghiera e lo studio. Si era certamente acquistato grande reputazione di scienza e di santità se, nel 367, fu nominato vescovo di Costanza (l'antica Salamina), sede metropolitana di Cipro. Ciononostante continuò non solo a governare il suo convento di Eleuteropoli, ma ad essere di esempio a tutti con l'austerità della vita, lo zelo infiammato per la conservazione della fede e l'ardore per la diffusione delle istituzioni monastiche nell'isola.
S. Epifanio fu senza dubbio un vescovo modello nella cura del gregge affidategli. Quand'era ancora in vita godeva difatti fama di essere "un santo da miracoli". I ricchi gli affidavano volentieri i loro beni affinchè li distribuisse ai poveri. Quando compariva in pubblico, il popolo faceva ressa attorno a lui e cercava di strappare qualche filo delle sue vesti per conservarlo come reliquia. Non meraviglia quindi che sia stato l'unico vescovo ortodosso dell'isola che gli ariani non osarono attaccare quando, sostenuti dall'imperatore Valente, nel 371, presero a perseguitare i sostenitori del concilio di Nicea, che aveva definito essere Gesù Cristo, in quanto Dio, consostanziale al Padre. Eppure gli eretici non ebbero nemico più implacabile di lui.
Nei primi anni di episcopato scrisse difatti l'Ancoratus, un compendio cioè di dottrina trinitaria per ancorare bene il cristiano nella sua fede contro gli ariani, e il Panarion o armadio farmaceutico, trattato riguardante 80 eresie, con cui si proponeva di sanare quanti erano stati morsi da serpenti velenosi cioè dagli eretici.
Nel 382 S. Epifanio fece un viaggio a Roma per partecipare al concilio convocato dal papa Damaso per meglio conoscere la situazione della chiesa orientale. Il santo alloggiò presso Paola che, guidata allora da S. Girolamo, faceva parte di quel cenacolo quasi monastico che, sull'Aventino, si radunava nella casa di Marcella per attendere alla preghiera, alla lettura della Bibbia e alle opere di carità. Nel 385 ebbe la consolazione di offrirle ospitalità per dieci giorni a Salamina allorché, vedova, si recava in Palestina con la figlia Eustochio per abbracciare a Betlemme la vita monastica.
E' rimasta celebre la vigorosa lotta ingaggiata da S. Epifanio contro gli errori di Origene, che ingiustamente considerava il padre di tutte le eresie. Il desiderio irrefrenabile di soffocare uno dei principali focolai dell'origenismo lo ricondusse nel 394, verso Pasqua, in Palestina. Nella chiesa della Risurrezione di Gerusalemme, alla presenza del vescovo Giovanni, fautore di Origene, condannò in un discorso pubblico le dottrine dell'alessandrino. Nel grave dissidio coinvolse anche Rufino, monaco del Monte Oliveto. S. Girolamo, che in passato era stato sostenitore di Origene, si schierò dalla parte di S. Epifanie il quale, frattanto, si era separato dalla comunione di Giovanni e, ritiratesi ad Eleuteropoli, si era persino permesso di ordinare prete il fratello minore di S. Girolamo, Paolino, monaco di Betlemme. Alle proteste del vescovo di Gerusalemme, S. Epifanio ritornò a Cipro da dove gli scrisse una lettera senza chiedergli scusa dell'ordinazione fatta su un territorio non dipendente dalla sua giurisdizione, convinto com'era di avere agito per l'utilità della Chiesa.
Qualche anno più tardi, nel 401, l'ambizioso e scaltro Teofìlo, patriarca di Alessandria, diventato improvvisamente antiorigenista, aveva preso a perseguitare i monaci della Nitria, perché sostenitori di Origene. Una parte dei 300 espulsi si rifugiò a Costantinopoli dove S. Giovanni Crisostomo si prese cura di loro. Per questo suo atto di carità fu ritenuto da Teofilo un simpatizzante delle medesime dottrine. Quando S. Epifanio seppe che Teofilo aveva cambiato idea ne trasalì di gioia e, abbindolato da lui, nel 402, partì per Costantinopoli per mettersi in relazione con i nemici del Crisostomo e combatterlo. Il santo patriarca, più moderato e più istruito, in quella contesa gli offerse ospitalità, ma S. Epifanio non solo la rifiutò, ma rigettò ogni comunione con lui. Ad un certo momento però si accorse di essere stato vilmente raggirato. Riconoscendo nel suo modo di agire eccesso di zelo e precipitazione, fece ritorno nella sua isola. Nella traversata morì il 12-5-403. Aveva quasi 90 anni.
S. Agostino ha scritto di lui; "Ben istruito nella dottrina cattolica, egli la seguì nella sua integrità". E S. Giovanni l'elemosiniere: "I più grandi santi si facevano forti del suo esempio per giustificare la loro condotta". I contemporanei ne lodarono unanimemente la santità personale, il carattere strettamente ascetico-monacale e la grande erudizione, prodigiosa per quel tempo, sebbene più estesa che profonda, più farraginosa che digerita.
Dal punto di vista intellettuale difatti egli non è né un teologo, né un pensatore, ma soltanto un erudito, mancante di precisione e di stile. Il suo grande difetto è la prolissità. A differenza dei Padri Cappadoci rifiutò ogni diritto di cittadinanza alla cultura greca nella Chiesa e alla critica storica. Quanto al suo zelo, anch'esso straordinario e sempre sincero, fu sovente male ispirato, incauto, quasi turbolento e per di più viziato da certe grettezze di spirito e ingenuità di pratica. E' nota la sua avversione al culto delle immagini e al loro uso nelle chiese.
___________________
Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 5, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 181-184.
http://www.edizionisegno.it/

domenica 7 dicembre 2008

??Sefirot - forse 1





Il bene può resistere alle sconfitte, il male no

Shadday Il Santo= 1 =Fides

Adam Kadmon= 2 =Charitas
Ishshah Hawah= 3 =
Spes
Sherkano= 4 =Prudentia
Chiunque ha la propria Eva essa non è altro che la facoltà conoscitiva superiore; la facoltà che ci permise di vedere il serpente.
Solo una 'ishah riesce a vedere, essa corrisponde all'intelletto spirituale, essa pone il piede sulla soglia della conoscenza, con l'unione allo 'ysh si genera la conquista della scienza.

Sefirot

Il bene può resistere alle sconfitte, il male no

Shadday Il santo= 1 =Fides
Adam Kadmon= 2
=Charitas
Ishshah Hawah= 3 =Spes
Sherkano= 4 =Prudentia
Chiunque ha la Propria Eva essa non è altro che la facoltà conoscitiva superiore; la facoltà che ci permise di vedere il serpente solo una 'ishah riesce a vedere essa corrisponde all'intelletto spirituale, essa pone il piede sulla soglia della conoscenza con l'unione allo 'ysh si genera la conquista della scienza


Com’è noto, i racconti biblici contengono degli archetipi di dimensioni oceaniche, universali, vere e proprie fiumane sotterranee di simboli e di messaggi che scorrono sotto la superficie della storia umana. Questo apporto esercita una grande influenza, ed alimenta in segreto gli eventi e i fatti umani. Ogni individuo viene in parte sostenuto, nutrito, ma anche ostacolato, messo alla prova da quei modelli universali.

Quando in Occidente il posto delle Sacre Scritture era più ufficiale ed influente, le corrispondenze e l’efficacia dei loro archetipi erano più evidenti, le loro tracce facili da identificare. Con le varie rivoluzioni culturali, filosofiche e politiche, con i movimenti del Razionalismo prima e dell’Illuminismo dopo, si iniziò lo sgancio e il distacco tra la cultura laica e quella religiosa. La novella libertà venne da prima utilizzata per costruire gradualmente una nuova comprensione scientifica del creato, che non dovesse più adeguarsi ai limiti, indubbiamente angusti, delle descrizioni bibliche. In seguito, i principi laici, in sviluppo e crescita, iniziarono una serie di rivoluzioni in ogni campo del vivere: sociale, politico, economico, culturale, tecnologico, artistico.

Oggi, la cultura laica è dominante, nel mondo occidentale e in tutti quei paesi che hanno fatto proprio il suo sistema di vita. Scienza, tecnologia ed economia, dominano i suoi vari settori, e l’antica influenza delle immagini e dei precetti biblici si è apparentemente molto ristretta, e a volte sembrerebbe perfino scomparsa.

È tuttavia evidente agli occhi di tutti come l’approccio laico, razionale e scientifico ai problemi della vita umana, pur avendone migliorato molti suoi aspetti in modo incomparabile ed irrinunciabile, rimanga carente ed insufficiente nei settori più delicati della psiche e del carattere umano. La capacità dell’uomo di essere felice e soddisfatto, di sentirsi sicuro, in pace con se stesso e con gli altri, non dipende dal grado di ricchezza e di evoluzione della società nella quale egli è inserito. La società moderna è piena di problemi, alcuni dei quali molto gravi, in quanto mettono perfino in dubbio la sua stessa sopravvivenza. Tra di essi, citiamo solo le armi di guerra totale, o i colossali rischi che gli inquinamenti di tutti i tipi pongono al pianeta.

Nonostante non siano tutti d’accordo su ciò, a molti appare chiaro come la loro risoluzione non dipenda da un serie di balzi ulteriori che la scienza e la tecnologia potranno far fare al genere umano. Per curare i malesseri non fisici degli esseri umani, psicologia e sociologia si sono diffuse, e sono sempre più apprezzate ed efficaci. Nell’area del carattere umano, fondamentale per poi capire le sue interazioni sociali, la psicologia e la psicoterapia, hanno scoperto la presenza e l’importanza degli archetipi e dei simboli che le antiche religioni contenevano. In un cammino di guarigione, alcuni di quei simboli vengono contattati, tradotti in termini attuali, e reintegrati dalla personalità. Solo così essa potrà considerarsi guarita.

Come reazione alla delusione generata dall’incapacità di trovare risposta a molte delle più importanti esigenze umane, molti individui sono ritornati al credo e ai valori delle religioni tradizionali. Altri lo hanno fatto come conseguenza di un bisogno di radici più profonde. Intanto, in tutti questi ultimi secoli, anche le religioni dell’occidente hanno cercato di cambiare e di trasformarsi. Parecchi dei loro aspetti di intransigenza e di ottusità se se sono andati. Si è cercato di mettere l’essere umano al centro dei riti e dei credi. I confini della “salvezza” non sono più appannaggio esclusivo dei soli credenti e praticanti. Il controllo delle autorità centrali si è indebolito, rimanendo tale solo per quanto riguarda gli aspetti economici e politici della struttura. Ciò dà agio e possibilità a singoli personaggi geniali e creativi, di spiegare e di vivere la religione in modi molto più in sintonia con la cultura laica, ormai dominante.

L’opinione generale che presentiamo in questo articolo, sostiene che nel messaggio biblico è presente tutta una serie di dimensioni nascoste, dotate di un potere terapeutico enorme, ma quasi inutilizzato. Solo contattando quei piani interiori, esoterici, solo condividendo almeno in parte l’esperienza mistica ed estatica che essi contengono e descrivono, è possibile l’attivazione piena dei suddetti archetipi e modelli. L’ipotesi è che in essi siano presenti le risposte più corrette ai veri problemi esistenziali dell’uomo di ogni tempo, che le conoscenze, pur vastissime del mondo moderno, non hanno neppure sfiorato. Come esempio, si pensi alla questione dei rapporti affettivi. Nel mondo moderno il fallimento dei rapporti di coppia avviene ormai nella massima parte dei casi. Attraversando tali esperienze, la maggior parte degli uomini e delle donne testimoniano di provare acuti dolori e delusioni. In alcuni casi ciò può durare anni interi. E, a detta di chiunque li abbia provati, non sono affatto pene di poco conto, bensì paragonabili a quelle inflitte da povertà e malattie. Di conseguenza, molte persone hanno smesso di provare ad amare, e scelgono di rimanere sole, o di cimentarsi in rapporti dove si cerca una sola soddisfazione fisica, oppure temporanea, senza puntare ai tempi lunghi.

Vorremmo dare un esempio della ricchezza degli archetipi biblici, riletti ed interpretati alla luce degli insegnamenti della tradizione mistica ebraica, la Cabalà, rivolgendoci a quella che è forse la prima e più famosa storia del racconto biblico: Adamo ed Eva e gli eventi del Giardino dell’Eden. Vorremmo mostrare come, nonostante l’enorme attenzione che essa abbia ricevuto, sia nei libri sacri che in quelli profani, la storia contenga degli aspetti oscuri e mancanti. Essa viene sempre affrontata con una serie di pregiudizi simili, sia per i laici che per i religiosi. Questo articolo sostiene come solo portando alla luce le sue componenti nascoste, e ritrovando quelle mancanti, sarà possibile comprendere il quadro complessivo degli eventi. Solo così, donando ai singoli ruoli dei personaggi là agenti, una più equilibrata e simmetrica dinamica di interazioni complessive, ritroveremo in noi i frammenti di quelle entità. Solo così potremo ricostruire un’unità organica tra le varie parti, capace di superare i blocchi, i traumi, le paure delle punizioni, il senso di ribellione, che tutt’oggi limitano lo sviluppo dei singoli e della collettività.

Come archetipi del genere umano, le esperienze compiute dai personaggi degli eventi del Giardino dell’Eden, si sono incise in modo indelebile nell’anima di ognuno di noi. Il racconto dei primi capitoli del Genesi descrive una coppia di individui, un uomo e una donna, che vengono all’esistenza in un ambiente meraviglioso, idillico: il giardino dell’Eden. Secondo i midrashim (tradizioni orali rabbiniche), i corpi di Adamo e di Eva erano perfetti, non potevano contrarre malattie, erano eterni, capaci di provare piaceri ma non di sentire dolori. Il successivo essere stati allontanati dal Giardino fu un trauma di portata incalcolabile. Ogni tradizione antica contiene tracce della memoria di uno stato di perfezione che venne poi perso, e al quale si anela di ritornare.

Per comprendere l’insieme delle complesse dinamiche del Giardino, occorre sempre tenere presente che in esse parteciparono quattro personaggi principali:

  1. Dio, chiamato anche il Santo, benedetto Egli sia
  2. Adamo
  3. Eva
  4. Il Serpente
    Inoltre, vi erano anche due presenze molto importanti, che hanno in qualche modo interagito con gli altri quattro:
  5. l’Albero della Vita
  6. l’Albero della Conoscenza del bene e del male.

Gli eventi del Paradiso sono come una complessa formula matematica, con molte e imprevedibili variabili, solo in parte note. Una sua soluzione permetterebbe all’umanità di liberarsi dai pesi e dai condizionamenti di quella esperienza traumatica, tutt’oggi chiamata il “peccato originale”. Ciò significherebbe sollevarsi al di sopra dei sensi di colpa, dell’ineluttabilità delle punizioni, delle sofferenze espiatorie. Ci proponiamo di indagare noti e meno noti aspetti spirituali e psicologici dei personaggi, sperando che ciò possa far luce sulle loro intenzioni, sui loro corrispondenti oggi, nella vita di ognuno, e sui possibili mezzi per rettificare ciò che avvenne in quelle poche ore fatali.

1) Il Santo, benedetto Egli sia

È forse l’aspetto più noto di tutta la complessa equazione. Tutti affermano di sapere tutto di Lui, cosa pensi, cosa voglia, cosa faccia in caso non lo ottenga.. Pur se le teologie concordano nel ritenerlo Infinito, Invisibile, Sconosciuto, Insondabile, Inconoscibile, e così via, al lato pratico, nel corso della storia umana, i sacerdoti e i maestri delle varie religioni, hanno sempre parlato a nome Suo, col massimo della sicurezza. “Dio pensa così.. Dio vuole questo, Dio vuole quello.., Dio vi farà questo, Dio non vi farà quello..” Chiaro, una autorità di questo tipo non è nata dal nulla, non è stata inventata. Nella tradizione giudaico-cristiana si basa sui versi biblici, su numerose rivelazioni ed occasioni nelle quali Dio parla in prima persona per bocca dei Profeti, o dei Padri, o dei Veggenti, dei Saggi, e dice quello che pensa e quello che vuole.

È tuttavia innegabile che i versi della Bibbia, da soli, contengano sempre aspetti contrastanti, contraddittori, paradossali, oppure di difficile interpretazione letterale. Ed ecco che qui si è potuta esprimere l’autorità interpretativa dei maestri della religione, che si sono assunti il non facile incarico di definire cosa Dio voglia o faccia, in modo preciso ed esatto.

Non è certo l’intenzione di questo articolo contestare o criticare, ma nemmeno confermare e lodare, l’operato dei maestri della religione. L’unico punto che vogliamo affermare è che, nell’equazione “paradiso Terrestre”, la variabile “Santo, benedetto Egli sia”, è la più nota e studiata. Egli appartiene senza ombra di dubbio al lato della Bontà, vuole solo il benessere delle sue creature, ed escogita ogni possibile mezzo per farglielo arrivare. Comprese punizioni ed esili, pene e sofferenze.

2) Adamo

Anche il fattore “Adamo” è notissimo. Da sempre ci si occupa di lui, ci si occupa dell’uomo. Scienze esatte, scienze umanistiche, filosofie, psicologie, teologie, arte.. Adamo è sempre più al centro. L’uomo e i suoi bisogni, le sue risorse, le sue necessità, l’uomo come coppia, come singolo, come società, come soggetto e come oggetto, come produttore e come consumatore. Adamo è inflazionato. Non si fa altro che parlare di lui, per lui, a lui. Nella cultura laica, che ha accantonato Dio, il suo posto è stato preso da Adamo. Quindi, ora, in fin dei conti, egli riceve doppia attenzione. Tutte le possibili soluzioni sono state suggerite, tentate, esplorate, perfino quella di mandarlo sulla luna o nello spazio extra-terrestre. Non è qui che possiamo aggiungere o chiarire qualcosa.

3) Eva

Se per Eva si intende la sola moglie di Adamo, la donna che vive in funzione dell’uomo, per fargli i figli, per tenergli la casa, per dargli piacere di notte, ecc., anche per Eva la saturazione è ormai raggiunta. In realtà, qui iniziano delle serie problematiche. Nel racconto dei fatti del Paradiso terreste, senza diminuire le responsabilità di Adamo, sembrerebbe che sia stata Eva a fare da prima la scelta del frutto proibito. Secondo le tradizioni orali, non solo lei ne mangiò e ne diede al marito, ma ne offrì a tutte le creature terrestri, che l’accettarono. A giudicare dal solo senso letterale, Eva è la responsabile numero uno della caduta dell’umanità. Venne indicata da Adamo a Dio come la diretta responsabile della propria colpa

“la donna che Tu mi hai dato mi ha dato da mangiare dell’albero”

Gen. 3, 12

Per secoli teologie e sistemi di vita famigliari e sociali, discriminarono la donna, o basandosi su quell’episodio biblico, o semplicemente per adeguarsi all’usanza collettiva. La storia umana registra una serie di fatti, di eventi, successi o insuccessi, a stragrande maggioranza maschile, con qualche grande donna che spunta qui e là.

È vero che negli ultimi secoli, forse decenni, il ruolo e la posizione della donna stanno cambiando. Le vengono riconosciute una personalità propria ed indipendente, capacità e libertà di scelte autonome. Nell’arte, nella psicologia e nel misticismo si è enormemente affascinati dalla figura del femminile, non solo della madre, ma della donna in se stessa, i suoi misteri, il suo inconscio…

Con Eva abbiamo un’incognita vera e propria. E torneremo a parlarne.

4) il Serpente

Eccoci al punto chiave. Dei quattro personaggi suddetti, il serpente è il più sconosciuto, il più ignorato. Ad esso viene automaticamente assegnato il ruolo del male, il puramente ed unicamente cattivo. Se su Eva possono esserci opinioni diverse, alcune delle quali metteranno più in evidenza la sua colpa, altre meno, sul serpente sono tutti d’accordo. E’ lui il colpevole di tutto! Poco aiuta se nella simbologia di molte antiche tradizioni, se nell’esoterismo, se nelle intuizioni dei mistici, si dica che il serpente ha anche degli aspetti positivi, perfino terapeutici. In quei casi, si pensa, non si sta certo parlando del serpente del giardino dell’Eden. Portata allo stretto, la religione giudaico-cristiana si trova sempre vicina al pericolo di ricadere in una visione di totale dualismo, identificando nel serpente una specie di “anti-Dio”.

Qui c’è la più importante delle parti mancanti. Il serpente è la più sconosciuta delle variabili dell’equazione generale. Il suo ruolo, la sua identità, sono totalmente relegati in quella zona che nella terminologia junghiana si chiama “ombra”: il male e le mancanze così gravi che una persona non sarebbe mai disposta a riconoscerle in se stesso, bensì le proietta sempre e soltanto sugli altri.

Il suggerimento che presenteremo in queste righe è che il ruolo del serpente vada rivalutato. Attribuendo all’asse dei quattro personaggi chiave Dio-Adamo-Eva-Serpente una scala decrescente dal Bene assoluto di Dio al male assoluto del serpente, non si farebbe che dimostrare il trionfo del frutto dell’albero della conoscenza, il cui inganno sta proprio nel portare il bene sempre da una parte sola, e lasciare il male dall’altra.

Ripetiamo questa osservazione fondamentale: un’etica e un insegnamento religioso basato sull’inequivocabile differenza, distanza, inconciliabilità del bene e del male, sono per sempre relegati nell’ambito proprio di quanto condannano ed aborriscono: l’albero della conoscenza del bene e del male.

Ci sono due alberi nel racconto, o meglio, ce ne sono tanti, ma solo due di essi svolgono un ruolo primario: l’albero della vita e l’albero della conoscenza del bene e del male. Del primo si dice:

“e l’albero della vita nel mezzo del giardino..”

Genesi 2, 9

Cioè si specifica dove si trovava. Nello stesso verso si nomina anche il secondo ma semplicemente col suo nome: “e l’albero della conoscenza del bene e del male”.

Dell’albero della conoscenza si riparla in seguito, specificando meglio la sua collocazione:

“del frutto dell’albero che è nel mezzo del giardino”

Genesi 3, 3

Viene da pensare che si trattasse dello stesso albero, se occupavano la stessa collocazione spaziale.

Parliamo brevemente dei due alberi, la quinta e la sesta incognita nell’equazione base. L’Albero della Vita è ampiamente descritto nella Cabalà. Sebbene, in teoria esso sia tenuto lontano dalla portata degli esseri umani, custodito dai due Cherubini dalla spada fiammeggiante (Gen. 3, 24), con la rivelazione della Torà, Dio lo riporta nel panorama quotidiano, lo rende accessibile. Praticando le vie della Torà, uomini e donne recuperano, in misura variabile, i privilegi e il benessere nei quali e per i quali Adamo ed Eva erano stati creati. La Torà è chiamata “etz chaim”, “albero della vita”.

C’è da osservare tuttavia che, parallelamente ai due alberi, esistono due Torà: quella della conoscenza del bene e del male e quella della vita. La prima si nutre delle sole interpretazioni letterali ed etiche. Essa altro non è che una lunga e dettagliata serie di permessi e di proibizioni, del come compiere gli uni e del come allontanarsi dalle altre. La seconda, la Torà della vita, grazie al contatto con la parte nascosta, cabalistica, del testo biblico, cerca il sollevarsi al livello dell’esperienza mistica, la sola capace di unificare gli opposti, e di trasformare in modo permanente, la realtà contingente.

Nella Cabalà, l’Albero della Vita viene riccamente descritto ed insegnato come l’unione organica ed interattiva di dieci componenti, che sono le dieci potenzialità dell’anima umana, nel suo essere immagine e somiglianza dell’anima divina. Su questo argomento tanto è già stato scritto e pubblicato dalla nostra scuola e da molti altri insegnanti. Aggiungeremo che, negli ultimi anni, diventa sempre più chiaro come nell’Albero della Vita vi sia un’undicesima componente, la misteriosa Da’at, Conoscenza. La sua presenza è volta a rendere possibile l’integrazione tra le prime dieci. Da’at è in realtà l’unica colla, la fonte dei gluoni (si direbbe in termini di fisica quantistica) che permettono l’unificazione reale, tangibile, operativa, di tutte le altre Sefirot.

L’albero della conoscenza, scelto da Adamo ed Eva, è la comprensione di se stessi e della realtà nella quale si vive, tramite un’irrefrenabile corsa alla sua separazione in pezzettini sempre più piccoli. Confrontandoli, mettendo in evidenza similitudini, ma soprattutto differenze, l’albero delle conoscenza permette un impadronirsi dei meccanismi funzionali dell’esistenza umana e terrena. Avendone la comprensione, l’uomo e la donna si garantiscono la sopravvivenza. Anche una certa evoluzione è possibile, come si vede negli ultimi secoli. L’accumulo di conoscenza scientifica, tecnica, umanistica, ha permesso grandi balzi in avanti nel controllo dell’ambiente e delle risorse. Tipico, però dell’albero della conoscenza, è il rimanere eternamente in uno stato dualistico, o ancor più frazionato di quello iniziale. Ogni conquista e passo in avanti del progresso, costano una perdita, una sconfitta, una lesione, da qualche altra parte. Non importa come e cosa si faccia, ci sono sempre delle scorie più o meno evidenti, più o meno ingombranti, che si accumulano, e alla fine, mettono a repentaglio i vantaggi ottenuti in altri campi.

Ciò e valido in tutti i settori. Anche la spiritualità, la religione, perfino gli insegnamenti esoterici tradizionali, risentono in modo spesso non correggibile, dell’influenza dualistica bene-male, con il continuo bisogno di svalutare o condannare una parte del tutto, nel tentativo di elevare o santificare o rendere preferibile, l’altra parte. Questo è un meccanismo che va superato. Ci si trova davanti al paradosso di chi condanna l’albero della conoscenza, additandolo come la fonte di ogni male, mentre in realtà ne usa i parametri e i metri di giudizio quotidianamente.

Lo studio attento dei primi tre capitoli del Genesi, rivela come entrambi gli alberi siano “nel mezzo del giardino”. Secondo la Cabalà si tratta, in realtà, di uno stesso ed unico albero. Ciò che cambia, sono i modi di vivere, di esperimentare, e di correlare l’insieme delle loro dieci o undici componenti.

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>> Seconda Parte
>> Terza Parte

Chi vuole esprimere la sua opinione e commenti a questo articolo, può farlo scrivendo a:
info@cabala.org
indicando nel campo soggetto la dicitura:
parte mancante della storia

a scelta dei curatori del nostro sito, pubblicheremo i vostri commenti.



1 ‑ Fides 35 ‑ Teorica 69 ‑ Gnostica

2 ‑ Charitas 36 ‑ Theologia 70 ‑

3 ‑ Spes 37 ‑ Mathematica 71 ‑ Parasofia

4 ‑ Prudentia 38 ‑ Phisica 72 ‑ Magica

5 ‑ Justitia 39 ‑ Aritmetica 73 ‑ Sortilegium

6 ‑ Fortitudo 40 ‑ Musica 74 ‑ Mantica

7 ‑ Temperantia 41 ‑ Geometria 75 ‑ Augurium

8 ‑ Humilitas 42 ‑ Astronomia 76 ‑ Prestigium

9 ‑ Ratio 43 ‑ Mechanica 77 ‑ Aerimantia

10 ‑ Intellectus 44 ‑ Lanificium 78 ‑ Geomantia

11 ‑ Memoria 45 ‑ Armatura 79 ‑ Hydromantia

12 ‑ Ars discendi 46 ‑ Navigatio 80 ‑ Pyromantia

13 ‑ Natura 47 ‑ Agricoltura 81 ‑ Chiromantia

14 ‑ Exercitio 48 ‑ Venatio 82 ‑ Abusio

15 ‑ Disciplina 49 ‑ Medicina 83 ‑ Prelatus negligens

16 ‑ Philosophia 50 ‑ Theatrica 84 ‑ Discipulus inobediens

17 ‑ Cogitatio 51 ‑ Superbia 85 ‑ Iuvenis otiosus

18 ‑ Meditatio 52 ‑ Luxuria 86 Senex obstinatus

19 ‑ Contemplatio 53 – Ira 87 ‑ Habitus praetiosus

20 ‑ Virtus 54 ‑ Gula 88 ‑ Cibus exquisitus

21 ‑ Sapientia 55 ‑ Invidia 89 ‑ Rumor in claustro

22 ‑ Necessitas 56 ‑ Avaritia 90 ‑ Lis in capitulo

23 ‑ Gratia 57 ‑ Vanagloria 91 ‑ Dissolutio in coro

24 ‑ Religio 58 ‑ Tristitia 92 ‑ Irriverentia juxta altare

25 ‑ Pietas 59 ‑ Concupiscentia 93 ‑ Conversus causidicus

26 ‑ Innocentia 60 ‑ Ignorantia 94 ‑ Canonicus irregularis

27 ‑ Logica 61 ‑ Infirmitas 95 ‑ Monachus curialis

28 ‑ Practica 62 ‑ 96 ‑ Presbiter bellicosus

29 ‑ Grammatica 63 ‑ …logia 97 ‑ Diabolus benignus

30 ‑ Dialectica 64 ‑ 98 ‑ Meretrix casta

31 ‑ Rhetorica 65 ‑ Schisma 99 ‑ Latro fidelis

32 ‑ Ethica 66 ‑ Idolatria 100 ‑ Milex vindicatus

33 ‑ Economica 67 ‑ Apostasia 101 ‑ Mulier armata

34 ‑ Politica 68 ‑ Haeresia 102 ‑ Vir bambol










L’Eva di cui parla la Bibbia, la compagna dell’adam, cioè di chiunque di noi, è dunque il nostro intelletto spirituale, la nostra facoltà conoscitiva superiore, che sa vedere oltre il visibile. Ciò getta una luce tutta speciale sul celebre episodio della «tentazione» di Eva: è lei, ’ishah, lei sola, a percepire il cosiddetto Serpente, e non certo (come si ritiene di solito) perché la natura femminile è più fragile, plagiabile e provoca guai, ma perché il cosiddetto Serpente è una realtà spirituale, e soltanto una ’ishah può scorgerlo. Poi, si legge nella Genesi, la ’ishah assaggiò il frutto della conoscenza e lo dette allo ’ysh: e non avviene sempre così, ai confini della nostra razionalità? Il nostro intelletto spirituale coglie realtà ancora invisibili, conoscenze superiori, e le comunica alla nostra mente razionale. Infine, ricordate quel passo famoso, in cui si dice che Eva porrà il piede sulla testa del Serpente? (Genesi 3,15). Quante spiegazioni ne sono state tentate! Eppure il senso era talmente semplice. Il Serpente rappresenta, in quella pagina, la via verso la conoscenza, e la parola «testa», nell’originale, è r’sh, letteralmente «l’inizio». Dunque la tua ’ishah, la tua parte spirituale, pone SEMPRE il piede sull’inizio di una via di conoscenza. Questo era il senso. Impara a conoscerla, a congiungerti con lei, a generare scoperte.




sabato 6 dicembre 2008

Piccolissima guida html

Se vai nella sezione giù riportata come immagine


(Se vuoi lavorare più tranquillo puoi farti una copia del modello attualmente in uso del blog sul tuo PC è dove dice Scarica il modello completo)

Come vedi il codice presenta una sezione intitolata Variable definitione

La parte del colore di fondo come puoi capire è quella Page background Color
la variabile è definita da valori esadecimali di faccio un link di un sito in cui puoi ottenere una corrispondenza visiva tra colore e valore esadecimale
http://www.dossier.net/utilities/chart/index.html

oltre alla sezione che già conosci che metto come immagine.



prova a cambiare i valori tra apici dopo value e vedi l'effetto.
Non preoccuparti poiché ho gia fatto una copia del modello e posso ripristinare il tutto.

Chiaramente l'azione può essere fatta sia a livello di codice che di sezione Layot basta inserire il valore esadecimale nel campo Modifica il codice hex relativo al colore.


----------------------------------------------
Ho modificato il valore del
#header {
width: 1000px;

da
#header {
width: 762px;

così ho spostato l'immagine del titolo a Sx

giovedì 30 ottobre 2008

Aria



Aria

É il secondo elemento superiore, nel quale avvengono le trasformazioni che coinvolgono gli elementi inferiori (acqua e terra)

L’elemento associato al respiro il “Prana” (dal sanscrito forza-luce) degli Yogi il “CHI” dei Taoisti, in sanscrito l'aria è Vayu, Dio induista del vento e dell'aria. Nei Veda è associato a Indra, mentre spinge la truppa dei Marut, gli dei della tempesta e dei monsoni. Vayu è anche il dio dell'alito divino che fa respirare e vivere il mondo. É inoltre il padre del dio delle scimmie Hanuman e di Bhima, uno dei principi Pandava, protagonisti del Mahabharata. Viene raffigurato mentre guida il carro volante di Indra, trainato da migliaia di cavalli fiammeggianti. Il suo veicolo è l'antilope e reca spesso con sé una rosa dei venti e un vessillo, simbolo degli attributi atmosferici, o tiene amorevolmente in braccio il figlio Hanuman. Divinità dal carattere violento, che verrà ereditato dal figlio Bhima, ebbe uno screzio con Indra e dal diverbio che ne nacque si staccò un pezzo del monte Meru, che andò a formare l'isola di Sri Lanka.

Nella Genesi fu il respiro di Dio a dare la Vita l’anima all’uomo.

L’Aria penetra nella Terra la circonda alimenta il fuoco e delimita l’acqua vi si mescola e forma la schiuma da cui nacque Venere.

L’aria è libertà ma più facilmente si contamina.

L’Aria è il pensiero l’idea.

Riferimenti dalla Tradizione Simbolica

I Principi umido + caldo generano l'aria, che perciò ha le qualità di ciò che è asciutto, leggero e mobile ed è raffigurata dal cerchio del cielo, o da un arco; a livello simbolico e geometrico è rappresentato dal triangolo equilatero col vertice rivolto verso l’alto, attraversato da una linea parallela alla base e dal solido della piramide con quattro lati, ottaedro (In Platone, erede della tradizione Pitagorica, si assegna all’Aria la forma geometrica solida dell’Ottaedro, a metà strada fra l’Icosaedro (la forma considerata meno mobile ­ l’Acqua) e il Tetraedro (la forma più mobile ­ il Fuoco). Si passa quindi, nell’ordine, dalla Terra (cubica ­ la più immobile) all’Acqua, all’Aria, ed infine al Fuoco, attraverso successivi gradi di mobilità, che sono anche gradi di passaggio dal corpo più “grande” al più “piccolo”; dal più ottuso al più acuto. In questa scala l’Aria svolge un ruolo intermedio fra Acqua e Fuoco).