Olio su tela, collezione privata. 61 × 85 pollici (1915)
Alcione è alla ricerca di suo marito Ceice, martin pescatori sono dipinte sopra la testa.
Alcione è alla ricerca di suo marito Ceice, martin pescatori sono dipinte sopra la testa.
(Ovidio Metamorfosi XI). ...E a tutti gli dei offriva devota il suo incenso, ma più di tutti onorava Giunone, andando davanti all'altare del suo tempio a pregare per il marito, che più non era, perché stesse bene, perché tornasse sano e salvo, perché non s'innamorasse di nessun'altra. E di tante preghiere quest'ultima era la sola che potesse avverarsi. Ma la dea non sopportò a lungo d'esser pregata per un morto e, per allontanare dal suo altare quelle mani luttuose: «Iride,» disse, «fedelissima mia messaggera, rècati immediatamente alla reggia soporifera del Sonno e digli di mandare ad Alcione un sogno, che con l'immagine di Ceìce morto le riveli ciò che è accaduto in realtà»... ...Era il mattino. Uscì di casa per recarsi alla spiaggia e riandò mesta al luogo da dove aveva assistito alla sua partenza. Mentre lì indugiava, dicendo: «Qui sciolse gli ormeggi, qui, su questa spiaggia, mi baciò prima di partire», e mentre, al richiamo dei luoghi, ricordava ogni singolo evento e scrutava il mare, vide fluttuare in lontananza a filo d'acqua qualcosa che sembrava un corpo. All'inizio non si capiva bene che cosa fosse, ma quando l'onda l'ebbe sospinto più vicino e, malgrado la distanza, apparve chiaro che si trattava di un corpo, lei, pur non sapendo chi fosse, davanti al naufrago si commosse e come se piangesse uno sconosciuto: «Ahimè, chiunque tu sia, misero te e tua moglie, se ne hai una», disse. Spinto dai flutti quel corpo si avvicinò ancora, e quanto più lo guardava tanto più la sua mente si smarriva. E ormai così vicino è alla riva che, osservandolo, lei può riconoscerlo: era il marito. «è lui!» grida e a un tempo si lacera viso chioma e veste, e tendendo le mani tremanti verso Ceìce, mormora: «Così, carissimo marito mio, così a me, sventurato, ritorni?». Sul mare si ergeva un molo: costruito dall'uomo, frangeva i flutti in arrivo, fiaccando in anticipo l'impeto dell'acqua. Lei vi balzò sopra. Fu un prodigio che vi riuscisse; ma volava, e battendo l'aria leggera con ali appena spuntate, sfiorava, patetico uccello, la superficie del mare, e volando, la sua bocca, ormai ridotta a un becco sottile, stridendo emise un suono lamentoso che sembrava pianto. Quando poi raggiunse il corpo muto ed esangue, abbracciando quelle care membra con le sue nuove ali, vanamente col duro becco le coprì di freddi baci. Sentì Ceìce quei baci o fu solo per l'ondeggiare del mare se parve che sollevasse il viso? La gente non sa dirlo. Ma lui li sentì, e alla fine, per pietosa grazia degli dei, si mutarono entrambi in uccelli. Il loro amore rimase, legandoli al medesimo destino, e il patto nuziale fra loro, ormai uccelli, non si sciolse...
Figlia di Eolo e moglie di Ceice, il marito morì tornando da Claro dove aveva interpellato l'oracolo d'Apollo. Morfeo fu inviato a dare la funerea notizia ad Alcione in sogno e questa svegliatasi si getto in mare per abbracciare il marito e morire con lui, Zeus mosso a compassione trasformò i due in Alcioni.
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