EPICURO E LA FORMA NUOVA

"Quand'ero giovane e libero e la mia fantasia non aveva limiti, sognavo di cambiare il mondo.
Diventato più vecchio e più saggio, scoprii che il mondo non sarebbe cambiato, per cui limitai un po' lo sguardo e decisi di cambiare soltanto il mio Paese.
Ma anche questo sembrava immutabile.
Arrivando al crepuscolo della mia vita, in un ultimo tentativo disperato, mi proposi di cambiare soltanto la mia famiglia, le persone più vicine a me, ma ahimé non vollero saperne.
E ora mentre giaccio sul letto di morte, all'improvviso ho capito: se solo avessi cambiato prima me stesso, con l'esempio avrei poi cambiato la mia famiglia.
Con la loro ispirazione e il loro incoraggiamento, sarei stato in grado di migliorare il mio Paese e, chissà, avrei anche potuto cambiare il mondo. "

(Anonimo)

venerdì 30 aprile 2010

Alcione

Herbert Draper James (1863-1920).
Olio su tela, collezione privata. 61 × 85 pollici (1915)
Alcione è alla ricerca di suo marito Ceice, martin pescatori sono dipinte sopra la testa.


(Ovidio Metamorfosi XI). ...E a tutti gli dei offriva devota il suo incenso, ma più di tutti onorava Giunone, andando davanti all'altare del suo tempio a pregare per il marito, che più non era, perché stesse bene, perché tornasse sano e salvo, perché non s'innamorasse di nessun'altra. E di tante preghiere quest'ultima era la sola che potesse avverarsi. Ma la dea non sopportò a lungo d'esser pregata per un morto e, per allontanare dal suo altare quelle mani luttuose: «Iride,» disse, «fedelissima mia messaggera, rècati immediatamente alla reggia soporifera del Sonno e digli di mandare ad Alcione un sogno, che con l'immagine di Ceìce morto le riveli ciò che è accaduto in realtà»... ...Era il mattino. Uscì di casa per recarsi alla spiaggia e riandò mesta al luogo da dove aveva assistito alla sua partenza. Mentre lì indugiava, dicendo: «Qui sciolse gli ormeggi, qui, su questa spiaggia, mi baciò prima di partire», e mentre, al richiamo dei luoghi, ricordava ogni singolo evento e scrutava il mare, vide fluttuare in lontananza a filo d'acqua qualcosa che sembrava un corpo. All'inizio non si capiva bene che cosa fosse, ma quando l'onda l'ebbe sospinto più vicino e, malgrado la distanza, apparve chiaro che si trattava di un corpo, lei, pur non sapendo chi fosse, davanti al naufrago si commosse e come se piangesse uno sconosciuto: «Ahimè, chiunque tu sia, misero te e tua moglie, se ne hai una», disse. Spinto dai flutti quel corpo si avvicinò ancora, e quanto più lo guardava tanto più la sua mente si smarriva. E ormai così vicino è alla riva che, osservandolo, lei può riconoscerlo: era il marito. «è lui!» grida e a un tempo si lacera viso chioma e veste, e tendendo le mani tremanti verso Ceìce, mormora: «Così, carissimo marito mio, così a me, sventurato, ritorni?». Sul mare si ergeva un molo: costruito dall'uomo, frangeva i flutti in arrivo, fiaccando in anticipo l'impeto dell'acqua. Lei vi balzò sopra. Fu un prodigio che vi riuscisse; ma volava, e battendo l'aria leggera con ali appena spuntate, sfiorava, patetico uccello, la superficie del mare, e volando, la sua bocca, ormai ridotta a un becco sottile, stridendo emise un suono lamentoso che sembrava pianto. Quando poi raggiunse il corpo muto ed esangue, abbracciando quelle care membra con le sue nuove ali, vanamente col duro becco le coprì di freddi baci. Sentì Ceìce quei baci o fu solo per l'ondeggiare del mare se parve che sollevasse il viso? La gente non sa dirlo. Ma lui li sentì, e alla fine, per pietosa grazia degli dei, si mutarono entrambi in uccelli. Il loro amore rimase, legandoli al medesimo destino, e il patto nuziale fra loro, ormai uccelli, non si sciolse...

Figlia di Eolo e moglie di Ceice, il marito morì tornando da Claro dove aveva interpellato l'oracolo d'Apollo. Morfeo fu inviato a dare la funerea notizia ad Alcione in sogno e questa svegliatasi si getto in mare per abbracciare il marito e morire con lui, Zeus mosso a compassione trasformò i due in Alcioni.

mercoledì 21 aprile 2010

Tamiri

PERUZZI, Baldassare
Apollo e le Muse
1514-23
Olio su legno, 35 x 78 cm
Galleria Palatina (Palazzo Pitti), Firenze


«E quelli che Pilo abitavano e l'amabile Arene,
e Trio, guado dell'Afeo, ed Epi ben costruita,
e Ciparissento ed Anfigénia abitavano,
e Pteleo ed Elo e Dorio, là dove le Muse
fattesi avanti al tracio Támiri tolsero il canto,
mentre veniva da Ecalia, da Euríto Ecaleo
e si fidava orgoglioso di vincere, anche se esse,
le Muse cantassero, figlie di Zeus egíoco!
Ma esse adirate lo resero cieco e il canto
divino gli tolsero, fecero sí che scordasse la cetra...»

Iliade, libro II, vv. 591-600.

mercoledì 7 aprile 2010

Melampo - (Elleboro)


Everdingen, van Cesare
Ninfe offrono vino al giovane Bacco, frutta e fiori
1.670-78
Olio su tela, 162 x 180 cm
Kunstmuseum Düsseldorf im Ehrenhof, Düsseldorf


Melampo
Il suo nome significa "Dal piede nero", ebbe il dono della profezia leggendo dalle viscere degli animali e della guarigione da Apollo, fu il primo ad erigere un tempio a Dionisio, di cui fu promotore del culto.

Aveva un fratello Biante che era innamorato della loro cugina Pero, il padre di lei, Neleo, voleva in cambio della figlia il bestiame del re Filace.
Le mandrie di quel re erano famose per la loro bellezza e prosperità e il re le difendeva gelosamente ed era impensabile rubarle.
L'unica debolezza che aveva il re Filace era il figlio Ificlo, che soffriva di impotenza.
Melampo si fece promettere in cambio della guarigione di Ificlo la mandria, grazie alle arti mediche il giovane generò Podarce. Filace ebbe il bestiame che fu dato a Neleo in cambio di Pero, così riusci a far felice il fratello Biante.

Ma Pero morì giovane.

Avvenne che le tre figlie - Lisippe, Ifinoe e Ifianassa - di Preto, figlio di Abante, che assieme ad Acrisio regnava sull'Argolide, venissero colpite per decreto divino da pazzia, forse una vendetta di Era per i modi sconvenienti di alcuni comportamenti di queste giovani.

Melampo offrì a re Preto di guarire le sue figliuole in cambio di un terzo del suo regno. Preto respinse la richiesta esorbitante.
Ma la pazzia era contagiosa e altre donne del regno si ammalarono. Preto con un regno in crisi chiese l'aiuto di Melampo, ma la richiesta era ora di due terzi di regno. Ma Preto era un uomo scaltro e accettò.
Melampo guarì tutte le donne del regno grazie ad una pianta e il re cedette a Melampo e al fratello Biante due delle sue tre figlie. Melampo ebbe Lisippe, mentre suo fratello ottenne Ifianassa, che in rappresentavano i due terzi del regno da lui richiesto.

La pianta usata era l'Elleboro da allora si usò il detto "aver bisogno dell'Elleboro " per indicare i folli.
Questo fece la ricchezza di Antycira, città nel golfo di Corinto a 20 km da Delfi,
(α πάνω απ'όλα, η πόλη αυτή, ήταν πασίγνωστη στην αρχαιότητα για το φάρμακο κατά της τρέλας,τον ελέβορα. - Ma al di sopra di tutto, questa città era conosciutissima nell'antichità per il rimedio contro la pazzia, l'elleboro -traduzione di Spiridon Tsembertzis) rinomata per la vegetazione ricca di Elleboro, di cui parla anche il poeta latino Orazio.

Anche Eracle fu guarito dalla pazzia proprio grazie a questa pianta.

L’elleboro nero degli antichi Greci è l’Helleborus orientalis Lam. che non cresce in Italia – presente in Grecia, Turchia e Caucaso - ma che è dotato delle stesse proprietà venefiche e farmacologiche delle specie presenti in Italia. Dioscoride fece un’osservazione curiosa: le viti che crescono dove si trovano molti ellebori producono un vino con proprietà purgative.

lunedì 5 aprile 2010

La divina in una delle sue forme


La Divina Commedia
Dante Alighieri; Pietro Fraticelli
Firenze : G. Barbèra, 1877

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