EPICURO E LA FORMA NUOVA

"Quand'ero giovane e libero e la mia fantasia non aveva limiti, sognavo di cambiare il mondo.
Diventato più vecchio e più saggio, scoprii che il mondo non sarebbe cambiato, per cui limitai un po' lo sguardo e decisi di cambiare soltanto il mio Paese.
Ma anche questo sembrava immutabile.
Arrivando al crepuscolo della mia vita, in un ultimo tentativo disperato, mi proposi di cambiare soltanto la mia famiglia, le persone più vicine a me, ma ahimé non vollero saperne.
E ora mentre giaccio sul letto di morte, all'improvviso ho capito: se solo avessi cambiato prima me stesso, con l'esempio avrei poi cambiato la mia famiglia.
Con la loro ispirazione e il loro incoraggiamento, sarei stato in grado di migliorare il mio Paese e, chissà, avrei anche potuto cambiare il mondo. "

(Anonimo)

martedì 26 aprile 2011

ODISSEA (poesia)


Navighiamo come punti nel Tempo

corpi nel grande oceano di una Memoria

che sovrana conduce i flutti

del nostro andare.

tuo canto

bisogna legarsi all'albero maestro.

Potrebbe sedurre per sempre ciò che poco appartiene alla terra.



(Raymond André Di Vitantonio )

giovedì 21 aprile 2011

SOLITUDINE (poesia)




La solitudine è come la pioggia.
Si alza dal mare verso sera;
dalle pianure lontane, distanti,
sale verso il cielo a cui da sempre appartiene.
E proprio dal cielo ricade sulla città.

Piove quaggiù nelle ore crepuscolari,
allorché tutti i vicoli si volgono verso il mattino
e i corpi, che nulla hanno trovato,
delusi e affranti si lasciano l'un l'altro;
e persone che si odiano a vicenda
sono costrette a dormire insieme in un letto unico:

è allora che la solitudine scorre insieme ai fiumi.


(Rainer Maria Rilke )

domenica 17 aprile 2011

IL GIARDINO DI BOBOLI


La Fontana del Bacchino si trova vicino all'ingresso del giardino da Piazza Pitti. Questa curiosa fontana, esemplare dello stile grottesco tanto in voga nei giardini del periodo tra Cinque e Seicento, è costituita da una statua realizzata dallo scultore italiano Valerio Cigoli (1529-1599) che ritrasse il nano di corte di Cosimo I nudo e a cavallo di una tartaruga. (Come ogni donna toscana non mi sono astenuta dal toccare le p... e del Bacchino, si dice che porti fortuna!)

MUSEO DELL'ASSURDO


Dove le parole diventano oggetto...

venerdì 15 aprile 2011

BUON FINE SETTIMANA


20.6.1931

Questa è una giornata nella quale mi pesa, come un ingresso in carcere, la monotonia di tutto. Ma la monotonia di tutto non è altro che la monotonia di me stesso. Ciascun volto, anche lo stesso che abbiamo visto ieri, oggi è un altro, perché oggi non è ieri. Ogni giorno è il giorno che è, e non ce n’è mai stato un altro uguale al mondo. L’identità è solo nella nostra anima (l’identità sentita con se stessa, anche se falsa), attraverso la quale tutto si assomiglia e si semplifica. Il mondo è cose staccate e spigoli distinti; ma se siamo miopi, esso è una nebbia insufficiente e continua.
Il mio desiderio è fuggire. Fuggire da ciò che conosco, fuggire da ciò che è mio, fuggire da ciò che amo. Desidero partire: non verso le Indie impossibili o verso le grandi isole a Sud di tutto, ma verso un luogo qualsiasi, villaggio o eremo, che possegga la virtù di non essere questo luogo. Non voglio più vedere questi volti, queste abitudini e questi giorni. Voglio riposarmi, da estraneo, dalla mia organica simulazione. Voglio sentire il sonno che arriva come vita e non come riposo. Una capanna in riva al mare, perfino una grotta sul fianco rugoso di una montagna, mi può dare questo. Purtroppo soltanto la mia volontà non me lo può dare.

La schiavitù è la legge della vita, e non c’è altra legge perché questa deve compiersi, senza possibile rivolta o rifugio da trovare. Certuni nascono schiavi, altri diventano schiavi, ad altri ancora la schiavitù viene imposta. L’amore codardo che tutti noi proviamo per la libertà (libertà che, se la conoscessimo, troveremmo strana perché nuova e la rifiuteremmo) è il vero indizio del peso della nostra schiavitù. Io stesso, che ho appena detto che desidererei una capanna o una grotta per essere libero dalla noia di tutto, che poi è la noia che provo per me, oserei forse andare in quella capanna o in quella grotta consapevole che, dato che la noia mi appartiene, essa sarebbe sempre presente? Io stesso, che soffoco dove sono e perché sono, dove mai respirerei meglio se la malattia è nei miei polmoni e non nelle cose che mi circondano? Io stesso, che ardentemente sogno il sole puro e i campi liberi, il mare visibile e l’orizzonte largo, chissà se mi adatterei al letto o al cibo o a non dover scendere otto rampe di scale per arrivare alla strada o a non entrare nella tabaccheria dell’angolo o a non scambiar il buongiorno con l’ozioso barbiere.
Quello che ci circonda diventa parte di noi stessi, si infiltra in noi nella sensazione della carne e della vita e, quale bava del grande Ragno, ci unisce in modo sottile a ciò che è prossimo, imprigionandoci in un letto lieve di morte lenta dove dondoliamo al vento. Tutto è noi e noi siamo tutto; ma a che serve questo, se tutto è niente? Un raggio di sole, una nuvola il cui passaggio è rivelato da un’improvvisa ombra, una brezza che si leva, il silenzio che segue quando essa cessa, qualche volto, qualche voce, il riso casuale fra le voci che parlano: e poi la notte nella quale emergono senza senso i geroglifici infranti delle stelle.

(dal Libro dell'inquietudine di F. Pessoa)

mercoledì 13 aprile 2011

Ho pena delle stelle (poesia)


Ho pena delle stelle

Ho pena delle stelle
che brillano da tanto tempo,
da tanto tempo...
Ho pena delle stelle.
Non ci sarà una stanchezza
delle cose,
di tutte le cose,
come delle gambe o di un braccio?
Una stanchezza di esistere,
di essere,
solo di essere,
l'essere triste lume o un sorriso...
Non ci sarà dunque,
per le cose che sono,
non la morte, bensì
un'altra specie di fine,
o una grande ragione:
qualcosa così, come un perdono?

lunedì 11 aprile 2011

E PLURIBUS UNUM (poesia)


Una fodera non è una federa

veste da veste fodera separa,

Dentro un cuscino la federa appara

così che i molti ad uno compara.


Ma se nell'uno separo le parti

le parti apparir potrebbero scarti,

però ad evitar di ciò scoraggiarti

miriam l'interna unità delle parti.


Ebben rispetta i colori diversi

e dei composti all'interno sommersi

mostriamo al mondo il vario vedersi


Ché niuna cosa è composta da uno

ma che ciascuno abbia il proprio raduno

è cosa egregia ed è ciò ch'è opportuno.


(Claudio Balducci)

giovedì 7 aprile 2011

IO E ME (poesia)


Mi sfidi, mi fronteggi

come nello

specchio d'acqua zampillo ed immagine.


Come potrò trovare la via eterna

ch'offre lo specchio all'anima degli occhi

se vieni tu dal fondo della via

con la forza di quest'ansia che a un tratto

nasce da me, non so di dove, come tu da te stesso?


Intorno, tutto è luce.

Ma io non posso andare all'infinito di cui l'anima ha sete

per questo luogo - il suo! - dal quale tu

mi vieni incontro.


Ah, forza della mia immagine - vita! -

più forte di me stesso.


(Juan Ramón Jiménez)

lunedì 4 aprile 2011

LXXVI (poesia)


Lascia colare il tuo bacio,

come una fonte,

filo fresco nella tazza

del mio cuore!

Il mio cuore, poi, sognando,

ti restituirà, doppia, l'acqua del tuo bacio,

dal canale del sogno,

dal profondo della vita.

E l'acqua del tuo bacio,

oh, nuova aurora della fonte,

sarà eterna e eterna,

perchè il mio amore sarà la sua sorgente.

(Juan Ramòn Jiménez)