EPICURO E LA FORMA NUOVA

"Quand'ero giovane e libero e la mia fantasia non aveva limiti, sognavo di cambiare il mondo.
Diventato più vecchio e più saggio, scoprii che il mondo non sarebbe cambiato, per cui limitai un po' lo sguardo e decisi di cambiare soltanto il mio Paese.
Ma anche questo sembrava immutabile.
Arrivando al crepuscolo della mia vita, in un ultimo tentativo disperato, mi proposi di cambiare soltanto la mia famiglia, le persone più vicine a me, ma ahimé non vollero saperne.
E ora mentre giaccio sul letto di morte, all'improvviso ho capito: se solo avessi cambiato prima me stesso, con l'esempio avrei poi cambiato la mia famiglia.
Con la loro ispirazione e il loro incoraggiamento, sarei stato in grado di migliorare il mio Paese e, chissà, avrei anche potuto cambiare il mondo. "

(Anonimo)

giovedì 31 dicembre 2009

BUON ANNO 2010


STIAMO PER ENTRARE NEL 2010, COSA AUGURARVI ?
DA PARTE DI NOI TRE CHE TUTTI I VOSTRI DESIDERI SI AVVERINO.
PER ME SOLTANTO CHE CONTINUI QUESTA MERAVIGLIOSA AMICIZIA E COLLABORAZIONE CON INDI ED EUCLIDE CHE ESISTE ORMAI DA UN ANNO E MEZZO.
VORREI INIZIARE L'ANNO CON UNA POESIA TRATTA DA "IL PROFETA" DI KAHLIL GIBRAN.

SULL'AMICIZIA
...Il vostro amico è il vostro bisogno saziato.
E' il campo che seminate con amore e mietete con riconoscenza.
E' la vostra mensa e il vostro focolare.
Poiché, affamati, vi rifugiate in lui e lo ricercate per la vostra pace.
Quando l'amico vi confida il suo pensiero, non negategli la vostra approvazione,
né abbiate paura di contraddirlo.
E quando tace, il vostro cuore non smetta di ascoltare il suo cuore:
Nell'amicizia ogni pensiero, ogni desiderio, ogni attesa nasce in silenzio e viene condiviso con inesprimibile gioia.
Quando vi separate dall'amico non rattristatevi:
La sua assenza può chiarirvi ciò che in lui più amate, come allo scalatore la montagna è più chiara della pianura.
E non vi sia nell'amicizia altro scopo che l'approfondimento dello spirito.
Poiché l'amore che non cerca in tutti i modi lo schiudersi del proprio mistero non
è amore, ma una rete lanciata in avanti e che afferra solo ciò che è vano.
E il meglio di voi sia per l'amico vostro.
Se lui dovrà conoscere il riflusso della vostra marea, fate che ne conosca anche
la piena.
Quale amico è il vostro, per cercarlo nelle ore di morte?
Cercatelo sempre nelle ore di vita.
Poiché lui può colmare ogni vostro bisogno, ma non il vostro vuoto.
E condividete i piaceri sorridendo nella dolcezza dell'amicizia.
Poiché nella rugiada delle piccole cose il cuore ritrova il suo mattino e si ristora.

Deucalione e Pirra

CASTIGLIONE Giovanni Benedetto
1655
Staatliche Museen, Berlino


«
Cataclysmus, quod nos diluvium vel irrigationem dicimus, cum factum est, omne genus humanum interiit praeter Deucalionem et Pyrrham, qui in montem Aetnam, qui altissimus in Sicilia esse dicitur, fugerunt. Hi propter solitudinem cum vivere non possent, petierunt ab Iove, ut aut homines daret aut eos pari calamitate afficeret. Tum Iovis iussit eos lapides post se iactare; quos Deucalion iactavit, viros esse iussit, quos Pyrrha, mulieres. Ob eam rem laos dictus, laas enim Graece lapis dicitur. »

Quando avvenne il cataclisma che noi chiamiamo diluvio oppure inondazione, tutta la razza umana perì a eccezione di Deucalione e Pirra che si rifugiarono sull’Etna, il monte più alto (si dice) che sorga in Sicilia. Essi non potevano sopravvivere per la solitudine; perciò pregarono Giove di concedere loro degli uomini oppure di annientarli come era successo agli altri. Allora Giove ordinò di gettare delle pietre dietro la schiena: quelle gettate da Deucalione divennero uomini, quelle da Pirra donne. Questa è l’origine della parola laos (“popolo”), poiché in greco Laas significa pietra.

Igino Astronomo Fabulae, 153

mercoledì 30 dicembre 2009

Apollo e Dafne

MURER, Christoph
Apollo and Daphne
c. 1580
Crocker Art Museum, Sacramento


Fra tutte le ninfe del monte Ossa, ove A pollo conduceva il più delle volte a pascere le sue pecore, la più bella ed amabile era Dafne, figlia del fiume Peneo , le cui acque rendevano fertili le belle campagne della Tessaglia. Apollo l'aveva spesso incontrata nelle praterie, ove guidava ella pure una bella mandria di pecore più bianche della neve. Egli ben avrebbe voluto entrare in dialogo con lei, mentre i loro agnelli pascevano tranquillamente sotto la guardia de' fedeli lor cani ; ma Dafne sapeva che una fanciulla bene educata non deve conversare con un giovine da lei non conosciuto. In oltre, ell'era, per quanto credo, una delle ninfe di Diana, e quella Dea le aveva fatto promettere di non pigliar mai marito. Onde, ella evitò per lungo tempo d'incontrarsi con Apollo, e come appena udiva alla lontana il suono del suo (lauto, si nascondeva ne' più folti boschetti, ove ben sapeva che quel pastore non avrebbe osato di andare a trovarla.

Un giorno però, avendola il nume incontrata nel viale di un bosco, cominciò a parlarle con voce si tenera, dicendole mille cose più graziose le une delle altre, che Dafne si senti la voglia di fermarsi un momento per ascoltarlo: ma rammentandosi tosto che ciò le era proibito, si diede a correre con tutte le sue forze, per fuggire quel giovili pastore, il linguaggio del quale l'allettava a suo mal grado ; poiché Apollo, prima del suo esilio, era tenuto pel più spiritoso degli Dei dell'Olimpo.

Quella volta il Dio intraprese di seguirla, e benché Dafne fosse leggiera quasi al par delle cerve, che talvolta uccideva nelle caccie, alle quali andava con Diana, pure egli stava già per raggiungerla, allorchè la giovane ninfa, arrivando sulle sponde del Peneo, gridò con voce lamentosa, stendendo le braccia verso il fiume: « 0 padre mio, non verrai tu in soccorso della tua figlia » ?

Mentr' ella terminava queste parole sentì d'improvviso i suoi piedi piantarsi in terra, e le braccia, che teneva alzate, indurirsi, le dita le si allungarono in rami flessibili, guerniti di un bel fogliame, e tutto il corpo le si copri d' una leggiera corteccia. Dafne era stata cangiata in alloro: ed Apollo non la raggiunse, se non per essere testimonio di quella trasformazione. Compreso di dolore, egli spiccò alcune foglie di quel bell'albero le quali son sempre verdi, e ne formò una corona, che si pose in capo. Da quel tempo, l'alloro gli fu consacrato, ed egli ordinò che d' allora in poi un'eguale corona avesse ad essere la ricompensa de' gran poeti e dei gran guerrieri.


Tratto da:

La mitologia

Di Lamé Fleury

martedì 29 dicembre 2009

Diana ed Atteone

BALDUCCI Matteo

Atteone, figliuolo del celebre Arifteo e d'Autonoe, figliola di Cadmo, effondo alla caccia nel territorio di Megara trovò Diana con le fue Ninfe nel bagno, laddove avvicinatoli , tratto dalla novità di un tale fpettaclo, la Dea per punire la fua temerità, landogli dell'acqua, lo trasformò in cervo fui punto fteffo , ed i fuoi proprj cani lo divararono . Può effere che Atteone fia ftato realmente divorato dai fuoi cani divenuti arrabbiati, e può intenderti ancora che la paffione ch'egli avea per la caccia gli abbia rovinata la falute, perché quefto Principe aveva confumate tutte le fue ricchezze colle fpefe ecceffive che per effa avea fatte. Diodoro afferifce che Atteone fu confiderato, e trattato come un empio perché difpregiava Diana e il fuo culto, e volle perfino mangiar delle carni che le erano ftate offerte in fagrifizio. E fecondo Euripide fu divorato di cani di Diana per averfì vantato nell'arte di cacciare più perito di quefta Dea . Nulla oftante però quefto fgraziato Principe fu riconofciuto dopo la fua morte per un Eroe dagli Orcomenj che gli erefero de' monumenti eroici.

tratto da:
Dizionario mitologico: ovvero della favola, storico, poetico, simbolico ec
Di André de Claustre





lunedì 28 dicembre 2009

Cerere e Abànte (Stellio)

ELSHEIMER, Adam

Abànte - Figliuolo di Ippotoone, e di Melanina o Melania, che alcuni autori chiamano Metanira: altri dicono che fosse figlio di Celeo e di Meganira. Essendo ancora fanciullo ebbe dispiacere che sua madre avesse accolto nella sua capanna Cerere, la quale andava lo cerca di Proserpina; e nel vedere la dea a bere ingordamente la bevanda che le aveva presentala Meganira, si rise della sua avidità, per cui Cerere irritata da un tale disprezzo lo cangiò in uno stellione o lucertola, gettandogli in dosso il resto della bevanda, da cui ovunque fu tocco restò coperto dì macchie, onde procurò poi sempre di nascondersi alla vista degli uomini. {Ovid. Metani, lib. 5.). Chi uccideva uno di questi animali credessi di fare cosa grata a Cerere. Credesi lo stesso che Stelle, per la qual cosa Linneo ha dato alla lucertola macchiata il nome di Lucerla Stellio.

Tratto da:Dizionario storico-mitologico di tutti i popoli del mondo
Di Giovanni Pozzoli



mercoledì 23 dicembre 2009

PORTA UZEDA





Costruita per volere del Duca di Camastra, don Giuseppe Lanza nel 1695 con lo scopo di di unire l'ex palazzo dei Chierici con il seminario è un vero cavalcavia che forma una porta detta della Marina, poi intitolata al viceré don Francesco Pacco, Duca di Uzeda, che visitò la città per verificare i lavori di ricostruzione dopo il terremoto del 1693. Sopra quell’arco, negli anni che seguirono, a iniziativa del vescovo mons.Salvatore Ventimiglia, vennero costruiti i piani superiori, collegati anch’essi con le due ali del palazzo, e in alto fu eretto un sontuoso fastigio con una nicchia centrale che racchiude un busto di S.Agata che guarda la città e un’iscrizione marmorea: "D.O.M.Sapientiae et bonis artibus-1780" (A Dio ottimo massimo, alla sapienza e alle sue belle arti). Sul balcone che si apre proprio sulla porta dalla parte di Via Etnea c’è un grande stemma del vescovo.

Nicola De Maria


By Nicola De Maria

Festa nella camera della testa
1980. Olio su tela, cm 24,5 x 30,5

martedì 22 dicembre 2009

Non fare




Sia il fare che il suo opposto il non fare sono le basi della vita.
Ogni essere vivente fa o non fa.
Ma per assurdo il non fare è più difficile del fare, presenta indubbie difficoltà.
La scelta del non fare deve essere ponderata e dopo attenta analisi messa in pratica non estrema decisione.
Difficilmente si riesce a non fare, per lo più il nostro non fare si trasforma in fare l'opposto, ma è sempre fare.
Quando si decide di attuare il non fare si attua una scelta individuale.
Io scelgo un luogo di energia, cioè un luogo in cui il mio essere riceva benessere.
L'ultimo era accanto ad una chiesetta su una collina con vista sul mare. I miei occhi spaziavano dalla costa frastagliata alle rovine greche con immancabile teatro.
Li mi sedetti poggiai la schiena al tronco benevolo di un ciliegio e respirando tranquillamente mi concentrai su questa unica azione.
Respirare.
L'aria l'elemento meno tangibile ma il più vitale.
La mia concentrazione era difficoltosa poiché i ricordi del mondo mi continuavano ad assillare.
Ma alla fine la materialità del mondo decise di allentare la sua presa su di me.
Ed allora ogni respiro era il nutrimento per il mio essere ero veramente vivo ero io e solo io.

lunedì 21 dicembre 2009

Monsù Desiderio- Barra o François?

MONSÙ Desiderio (see BARRA, Didier)



MONSÙ, Desiderio (see NOMÉ, François de)


Una fabbrica dell'onirico nel '600.
Ambientazioni di scene bibliche su notturni architettonici fantastici, un connubio inscindibile tra due scuole provinciali, la Lorenese e la Napoletana.

domenica 20 dicembre 2009

L'Essere




Sono seduto nell'orto.
Sotto l'albero del fico.
Noto che ogni volta che mi viene voglia di scrivere sono stimolato dalle fronde di un albero e forse lo stato d'animo che provo è anche causato dal tipo, qui servirebbe una specialista di piante per poter verificare se la quercia ti porta a sensazioni diverse da quelle di un fico, o di un ulivo.
Il fico mi ricorda mia madre.
L'ho conosciuta poco, morì dopo che nacque mia sorella; ancora ricordo quando mi pettinava i capelli e poi mi dava una carezza sul collo.
L'orto è nella veste invernale anche se la giornata è luminosissima, la terra mi dice che sta per entrare nel riposo invernale. So che per il mio amico questo sarebbe il periodo migliore per godersi con calma le singole piante, gli spazi che vengono ridistribuiti mentalmente per la primavera prossima. Mi ha spiegato che non è bene mettere la stessa cultura nello stesso posto dell'anno prima, che bisogna anche sentire il terreno e immedesimarsi nella pianta che vuoi far nascere per capire se il luogo è quello che più l'aggrada.
Mi sforzo ad immedesimarmi in una pianta di pomodoro.. ma alla fine mi viene da sorridere pensando all'insalata con le cipolle e le olive.
Non ho la sua sensibilità ma ho piacere di come mi hai dato le sensazioni di questo tuo talento.
Ed ecco il mio nuovo amico arrivare si posa sul ramo alla mia destra e mi guarda, sa che ora tirerò fuori la fetta di pane portata per lui.
Appena lancio le molliche si avventa e gli altri uccelli si fanno coraggio e seguono il suo esempio.
A dire il vero non so se sia un lui o una lei, non conosco questi uccelli, a dire il vero non so di che specie si tratta, a dire il vero non so se sia questa una cosa importante.
L'importante è che ci sia, per lui l'importante è attraversare l'inverno.
L'erba ai miei piedi è di un verde scuro, scricchiola sotto i piedi, proprio loro sono quelli che riconoscono e mi trasmettono l'essenza dell'elemento di cui volevo parlare.
La terra.
Essa rappresenta la realtà, il vero in tutti i suoi aspetti di bene e male, su di essa si basa tutto il nostro presente e solo con lei puoi esprimere l'esistenza.

venerdì 18 dicembre 2009

Indi?... i Koan (1)


« Verum, sine mendacio certum et verissimum,

quod est inferius, est sicut quod est superius, et quod est superius, est sicut quod est inferius: ad perpetranda miracula rei unius. Et sicut omnes res fuerunt ab uno, mediatione unius; sic omnes res natae fuerunt ab hac una re, adaptatione. Pater eius est sol, mater eius luna; portauit illud ventus in ventre suo: nutrix eius terra est. Pater omnis telesmi totius mundi est hic. Vis eius integra est, si versa fuerit in terram. Separabis terram ab igne, subtile a spisso, suaviter cum magno ingenio. Ascendit a terra in coelum, iterumque descendit in terram, et recipit vim superiorum et inferiorum. Sic habebis gloriam totius mundi. Ideo fugiat a te omnis obscuritas. Hic est totius fortitudinis fortitudo fortis; quia vincet omnem rem subtilem, omnemque solidam penetrabit. Sic mundus creatus est. Hinc erunt adaptationes mirabiles, quarum modus hic est. Itaque vocatus sum Hermes Trismegistus, habens tres partes philosophiæ totius mundi.

Completum est quod dixi de operatione solis. »

A chiese a B

Con quale dito il saggio indica il nulla?